CAMPAGNA DI SCAVI 2002

 

Scavi nell'esedra della Tomba II

Nel luglio del 2002 ha avuto luogo una seconda campagna di scavi archeologici nella necropoli ipogeica di “Sa Figu” (o “Nuraghe sa Figu”), nel territorio di Ittiri (SS), segnalata e parzialmente esplorata da E. Contu nel 1961 (Notiziario-Sardegna, “R.S.P.”, XVI, 1961, p. 276) ed in seguito più volte ricordata per la presenza di alcune tombe ipogeiche a prospetto architettonico (E. Castaldi, Domus nuragiche, De Luca editore, Roma, 1975, pp 36-38; E. Contu, Il significato della “stele” nelle tombe di giganti, “Quad. Soprint. SS e NU”, 8, Sassari 1978, pp. 16, 66 nota 22, tav. VI; P. Melis, New data regarding “Architectonic Prospect Domus” of the Bronze Age in Sardinia, in "Paper from the E.A.A. Third Annual Meeting at Ravenna, Vol. III: Sardinia, BAR International Series 719, Hadrian Books, Oxford, 1998, pp. 62, 64).

Anche questa campagna, diretta da chi scrive, è stata condotta, come quella del 2001 (P. Melis, in Notiziario-Sardegna, “R.S.P.”, LII, 2002, pp. 396-398), nell’ambito di una collaborazione fra il Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari e la Soprintendenza Archeologica per le Province di Sassari e Nuoro. Le recenti ricognizioni e gli ultimi scavi hanno confermato la straordinaria importanza del sito di Sa Figu: sono state individuate quattro nuove tombe, tre delle quali distrutte ed interamente sepolte ed una quarta, ancora agibile ( tomba VIII), scoperta a circa 300 metri dal gruppo principale. Il numero degli ipogei della necropoli sale quindi a 11 unità, ma probabilmente è destinato a crescere nel prosieguo delle indagini.

E’ stato completato lo scavo della straordinaria Tomba II: un’antica domus de janas neolitica ristrutturata nell’Età del Bronzo e trasformata in tomba di giganti, con l’aggiunta sulla fronte degli ortostati dell’esedra e della stele centinata centrale. Eccezionalmente questa tomba conserva, seppure parzialmente, il tumulo superiore realizzato con lastre ortostatiche e pietre: una struttura non funzionale che aveva il solo scopo di imitare perfettamente le vere tombe di giganti megalitiche. Di questo tumulo residua soltanto il tratto terminale, soprattutto nel lato Est, mentre manca del tutto la parte anteriore che andava ad impostarsi sull’esedra; se ne può tuttavia calcolare la lunghezza complessiva, dall’abside alla stele, che è di circa m 10,40, mentre la larghezza passa da m 2,80, nel fondo, ad oltre 4 metri nel tratto anteriore.

Scavi nel tumulo della Tomba II

In questo secondo intervento, la prosecuzione dello scavo dell’area dell’esedra ha evidenziato alcuni elementi abbastanza significativi: in primo luogo, l’assenza di una preparazione del piano pavimentale, che presenta un modesto battuto di calcare disgregato soltanto alla base della stele centinata, mentre il resto dello spazio ha come fondo la roccia naturale calcarea, con numerosi dislivelli e irregolarità, compresa una fenditura trasversale forse di origine naturale (una leptoclasi), anche se non è da escludere un’origine artificiale: forse una canaletta di scolo. All’interno si rinvenne una pietra pressoché sferica di calcedonio (diametro cm 7,5), abbastanza irregolare; potrebbe tuttavia trattarsi di una presenza del tutto casuale.

Per quanto concerne i reperti archeologici, l’esedra ha restituito, anche nei livelli più profondi ma in strato sconvolto, numerosi frammenti, molto frantumati, del vasellame di corredo: frutto dello svuotamento dell’interno della tomba, per far posto a nuove sepolture. La presenza di terriccio scuro e carbonioso potrebbe far pensare ad un fuoco rituale che possa aver interessato l’esedra ed i materiali ivi accumulati dopo una prima ripulitura della tomba: una pratica che invece non era stata osservata nei livelli superiori, durante la prima campagna di scavi. Fra le forme ceramiche, sembrano gradatamente scomparire le ciotole carenate – tipiche degli strati più recenti – mentre si fanno più frequenti i rinvenimenti di reperti chiaramente attribuibili al BM1 (fase Sa Turricula), quali vasi con nervature sotto l’orlo ed anse a gomito tipo Polada. Nessun reperto metallico e nessun elemento di ornamento.

Materiali ceramici dall'esedra della Tomba II

Un notevole numero di frammenti ceramici – cronologicamente inquadrabili anch’essi nel BM1 - provengono inoltre da due distinte discariche, localizzate in altrettanti punti differenti all’esterno dell’esedra. Il primo gruppo, riguarda un accumulo di reperti fittili presente a ridosso della muratura esterna dell’ala sinistra dell’esedra, nello spazio ricavato fra quest’ultima e l’esterno dell’estremità destra dell’emiciclo della contigua Tomba III: per questo motivo, è difficile stabilire con certezza se i materiali appartenessero originariamente all’una o all’altra delle due tombe, anche se la presenza di un bel frammento di vaso con nervatura poco al di sotto dell’orlo, farebbe propendere per l’attribuzione dei reperti alla tomba II, dove i materiali del BM1 sono ben attestati, mentre nella tomba III gli scavi di E. Contu – almeno a giudicare da quanto sinora edito (AA.VV., Il Museo Sanna in Sassari, Banco di Sardegna, Sassari 1986, p. 58, fig. 82) – non hanno portato alla luce ceramiche sicuramente anteriori al BM2 (fase San Cosimo, o della “ceramica metopale”).

Il secondo punto di raccolta di materiali si trova in una posizione particolare, e forse con un preciso significato rituale: a ridosso del tumulo superiore, nel lato Est (cioè destro), verso la parte terminale (o “abside”). Nessun reperto proviene invece dal lato Ovest. 

L’idea di un significato simbolico ci deriva dalla constatazione che anche nella vicina Tomba IV gli scavi hanno evidenziato una situazione del tutto analoga. In questa seconda campagna (l’interno e l’area dell’esedra – lo ricordiamo – erano già stati scavati l’anno precedente) si è proceduto ad un lavoro di ripulitura dello straordinario tumulo (interamente scolpito nella roccia) al di sopra della tomba, soprattutto nel lato sinistro; qui, in corrispondenza dell’estremità posteriore, sono venuti alla luce copiosi materiali ceramici concentrati in un brevissimo spazio. A differenza del deposito presso il tumulo della Tomba II, che presentava solamente materiali del Bronzo Medio (alcuni anche del BM1), in questo gruppo di frammenti ceramici a ridosso del tumulo della Tomba IV sono presenti anche vari frammenti di una probabile bottiglia di ceramica comune di età romana, forse frutto dello sconvolgimento dello strato.

Sempre a seguito dei lavori di ripulitura dell’area attorno al tumulo, sono apparse le tracce di due domus de janas (tombe IX e X), che vennero semidistrutte proprio durante i lavori di intaglio della roccia per la realizzazione della nuova tomba dell’Età del Bronzo.

Di particolare significato lo scavo della Tomba IX, appena iniziato: si tratta di un ipogeo pluricellulare piuttosto articolato, scavato su un lieve pendio calcareo ad un livello superiore rispetto alla tomba IV: proprio lo scavo di quest’ultima, ne ha sicuramente compromesso le strutture, anche se è da supporre che a quell’epoca fosse già in estrema rovina.

La tomba, ora completamente priva della copertura, era composta da un dromos trapezoidale, un’anticella di pianta semicircolare ed una camera principale di cui si ignorano forma e dimensioni, anche perché parte di essa è scomparsa a causa dello scavo dell’esedra della Tomba IV. Alla cella principale erano sicuramente collegate almeno altre due cellette, sulla parete di fondo, e forse altre ancora sepolte.

Lo scavo, in questa tomba, ha finora interessato solamente il dromos e l’anticella; quest’ultimo ambiente, ha restituito tracce di sepolture di tipo secondario, secondo un rituale ben noto nei contesti funerari di Cultura Bonnanaro (Bronzo Antico), che consiste nella deposizione di ossa parzialmente combuste, racchiuse entro un rozzo recinto di pietre e sormontate da una parte di cranio (un calvarium) relativamente integro. Probabilmente la sepoltura avvenne in un momento in cui l’anticella doveva essere già a cielo aperto, e ci testimonia di una fase intermedia di riuso della necropoli, fra la fase neo-eneolitica delle “domus de janas” e quella nuragica delle tombe di giganti con stele centinata.

I materiali di corredo erano costituiti da pochi frammenti isolati di vasi non determinabili, accumulati assieme ai frammenti di ossa e parzialmente bruciati anch'essi; da questi elementi, sembrerebbe potersi ipotizzare un rituale funerario di tipo secondario articolato in tre fasi: a) un primo seppellimento, presumibilmente primario, o forse una esposizione del cadavere, comunque con accompagnamento del corredo ceramico; un successivo recupero dei resti del defunto e del corredo e loro esposizione al fuoco; infine, la sepoltura dei resti secondo il rituale Bonnanaro, con collocazione di un cranio al di sopra del cumulo di ossa e frammenti ceramici.

Si rinvennero anche due vasetti pressoché integri: una piccola ciotola troncoconica, ed una riproduzione quasi miniaturistica (comunque funzionale) di una giara con due piccole anse e due piccole protuberanze, affrontate in coppie: materiali chiaramente attribuibili al Bronzo Antico (Cultura di Bonnanaro, fase di Corona Moltana). Soprattutto la riproduzione della giara, trova riscontro con un esemplare a grandezza naturale da Anghelu Ruju, all’interno della quale erano presenti le ossa di un fanciullo, sebbene lo stesso Taramelli sospettasse una loro intrusione successiva alla deposizione (A. Taramelli, Alghero. Nuovi scavi nella necropoli preistorica a grotte artificiali di Anghelu Ruju, “Monumenti Antichi dei Lincei”, Vol. XIX, 1909, coll. 463-464, fig. 40). Lo stato di conservazione dei vasi potrebbe derivare dalle ridotte dimensioni, che avrebbero loro consentito di superare praticamente indenni le varie fasi della duplice deposizione; non escluderei, tuttavia, ed anzi mi pare l'ipotesi più probabile, la possibilità che i due vasetti possano essere stati aggiunti nel momento della deposizione secondaria, ad integrazione del corredo originario ormai andato in frantumi.

Si recupera l'olletta biansata dalla Tomba IX

Un altro elemento che lascia perplessi riguarda le ossa deposte: infatti sono stati rinvenuti altri frammenti di calotta e resti ossei appartenenti a non meno di una quindicina di individui, almeno a giudicare dal numero di mandibole. Se ne deduce quindi che la presenza del cranio in posizione dominante debba essere posta in relazione con una qualche forma di rituale legato a questa parte anatomica, mentre sembra meno probabile che si volesse evidenziare un membro di rilievo all'interno della famiglia: è possibile, invece, che il cranio prescelto per l'esposizione dovesse essere quello conservatosi meglio dopo la deposizione preliminare.

Nel corso di quest’ultima campagna di scavi, è stata anche scavata una piccola domus de janas ( Tomba X), anch’essa parzialmente danneggiata durante la realizzazione del tumulo della Tomba IV, ubicata a un metro circa di distanza dalla parte terminale dello stesso. Si tratta di un ipogeo monocellulare, con probabile ingresso a pozzetto, di pianta vagamente semicircolare (largh. m 1,25; prof. m 1,15). Il pozzetto è ancora ingombro di pietrame accumulato probabilmente durante la sistemazione dell’area in occasione dello scavo della Tomba IV, o in una successiva fase di riuso del sito. In quella occasione, la celletta (completamente a cielo aperto) non venne colmata di pietre, ma venne lasciata sgombra ed utilizzata forse come piccola cisterna, o per altro. Lo scavo ha evidenziato la presenza, nei livelli superiori, di sporadici materiali provenienti dal gruppo di ceramiche accumulate a ridosso del vicino tumulo della tomba IV, di cui s'è detto. Nel livello inferiore, era invece presente uno strato di terriccio grigio di consistenza friabile, totalmente privo di materiali archeologici, che a contatto con il pavimento e le pareti diveniva una sorta di incrostazione biancastra di scarso spessore: è forte il sospetto che possa trattarsi di uno strato di cenere, e le incrostazioni farebbero ritenere che la cella stessa sia stata la sede ove veniva acceso il fuoco. Non è quindi da escludere che l'ipogeo sia stato utilizzato, anticamente (forse già all'epoca dell'utilizzo della Tomba IV, nell'età del Bronzo Medio) come fossa per bruciare offerte rituali.

Durante le ricognizioni condotte nel corso dei lavori del 2002, è stata inoltre rinvenuta la Tomba VIII: un ipogeo a prospetto di tipo semplice, realizzato ex-novo senza riutilizzare precedenti domus de janas. La fronte è molto rovinata, e non si individua più alcun elemento della stele, mentre si osserva soltanto il profilo dell’esedra risparmiata nella roccia, poco ampia (m 4,70 circa) e dalla curvatura appena accennata. L'ingresso, oggi ingrandito, introduce nel consueto breve andito che precede una cella di pianta ad ellisse tronca.

Tracce di una ulteriore sepoltura ipogeica affiorano, invece, a pochi metri dalla Tomba I. Si osserva solamente parte dello stipite di un portello, ed è da supporre che l’intera tomba sia completamente priva di copertura e sepolta. Soltanto lo scavo ci potrà fornire indicazioni sullo sviluppo planimetrico.

Il circolo megalitico nel 1995

Nel corso della seconda campagna di scavi, è inoltre iniziata l’esplorazione del vicino “ circolo megalitico”, una struttura di grosse pietre, di incerta funzione, posta sul bordo precipite del pianoro. E' realizzata con ortostati di considerevoli dimensioni (alcune misure: m 2,80 x 1,80 h.; m 2,00 x 2,40 h.; m 2,80 x 1,15 h.) che racchiudono uno spazio semicircolare di m 10,80 di corda e m 8,60 di freccia; residuano sette pietre, delle probabili nove che lo componevano: delle mancanti, una è riversa al centro dell'area mentre un'altra è rotolata a valle. L’ingresso si apriva a Sud-Ovest, mentre a Sud l’andamento semicircolare della struttura interna era interrotto da uno spazio riservato quadrangolare - quasi una sorta di nicchia - ricavato collocando due degli ortostati in posizione più avanzata rispetto a quelli contigui. Lo scavo ha interessato unicamente un saggio rettangolare di m 2x3, ed ha evidenziato un livello di pietrame sconnesso, difficilmente interpretabile come pavimentazione. I materiali ceramici rinvenuti sono scarsissimi, ma fra questi si segnala un frammento di vaso con decorazione a scanalature, riferibile alla Cultura di Monte Claro (Età del Rame evoluto).

Saggio di scavo nel circolo megalitico

                                                                                           Paolo Melis

                        (da “Rivista di Scienze Preistoriche”, LIII, 2003, pp. 637-640)

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